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venerdì 22 febbraio 2008

LA “GRANDE ASSENTE” : LA LOTTA DI CLASSE.

Da sempre la Sicilia assurge ad un ruolo inedito e per certi versi paradossale : quello di “laboratorio” di soluzioni, alleanze, ipotesi di lavoro politico, riforme istituzionali etc.
Senza scomodare l’esperienza “milazziana” degli anni’ 50, l’ alleanza tra la Sinistra di allora e la Destra attorno al deputato Milazzo in chiave anti-democristiana, anche recentemente abbiamo avuto più di un esperimento avviato nell’Isola e ben presto esportato altrove con clamore di…trombe.
Da queste scelte politiche “da laboratorio” sono sempre venute fuori, per la parte più povera della società siciliana, lavoratori, pensionati, giovani, disoccupati, e per la loro rappresentanza politica e sociale, sconfitte pesanti e capaci di scompaginare e marginalizzare qualsiasi ipotesi di costruzione di un’alternativa di potere e di società.
Ma, si sa, la Sicilia è anche e soprattutto “terra di Mafia” : anche sul terreno del contrasto alla pervasività politica, culturale e sociale di Cosa Nostra, negli anni si sono accumulate scelte scellerate capaci di sterilizzare nel fondo della memoria storica i pochi che hanno legato assieme lotta alla Mafia e trasformazione sociale, lotta all’economia illegale e anticapitalismo, contrasto ai poteri criminali e lotte sociali.
Gli ultimi anni sono stati dominati da una concezione della lotta politica e sociale tutta giocata sul terreno dell’ “etica”, della “morale”, del governo del necessario “rinnovamento” della politica. Una concezione astratta e fuorviante eppure capace di coinvolgere masse popolari significative perché articolata su un immaginario legato a concezioni fortemente personalistiche della rappresentanza.
Leoluca Orlando, la Rete, e i vari cespugli collaterali ne sono stati un esempio.
Concezioni della politica e riferimenti culturali che espungevano qualsiasi riferimento ai poteri criminali e mafiosi come parte organica e sistemica del modo di produzione capitalistico su scala globale, in nome di una presunta “chirurgia” capace di estirpare il “cancro” della Mafia da un corpo politico ed economico sostanzialmente falso.
E’ evidente che simili premesse escludevano qualsiasi lettura dei processi politici e sociali che evidenziassero invece la necessità di dichiarare il terreno della lotta alla mafia come terreno della lotta di classe nella realtà siciliana.
Peppino Impastato andava ricordato come un Icona “antimafia”, un eroe della “rivolta morale” dei siciliani “onesti” e non per il suo essere prima di tutto un comunista e un rivoluzionario.
Insomma le categorie dell’ “onestà”, della “normalità” e del “cancro-mafioso” da estirpare, avevano una indiscussa egemonia su ampi settori della Sinistra politica e sociale fino al loro annichilimento, con poche e lodevoli eccezioni, in un minestrone che metteva assieme padroni e operai, sfruttatori e sfruttati, governo e opposizione, in nome di una malintesa – e teoricamente inesistente- unità delle “persone perbene”.
Purtroppo questa deriva non si è arrestata , anzi : la nascita del PD e della Sinistra Arcobaleno, hanno a loro modo spazzato via – secondo il loro esplicito intendimento- gli ultimi residui di quella sinistra che non si rassegna e che pensa ancora possibile e necessaria la trasformazione della società.
La Sinistra che vuole tenere assieme lotte sociali e lotta ai poteri criminali nella consapevolezza che è dentro i gangli del capitalismo globalizzato , nelle sue leggi e nella sua natura sistemica, che occorre leggere i processi economici dentro cui le varie Mafie prosperano e si arricchiscono.
Ricostruire la sinistra anticapitalista è anche questo.
(di Pino Bertoldo)