Ricerca personalizzata

domenica 10 febbraio 2008

ROMA, IN PIAZZA IL POPOLO NO VAT

In 15mila sfilano a Roma. Abbandonati da destra e sinistra, senza chiesa e senza partito, chiedono meno ingerenze vaticane.Giacomo Russo Spena, Il Manifesto
Appena si arriva in piazza, si capisce subito che il No vat è ed ha un'altra storia. Nessuna bandiera politica, poche sigle di organizzazioni istituzionali, praticamente assente quel mondo dell'associazionismo conosciuto con le mobilitazioni no-war.Ad attraversare le vie del centro della capitale è un altro «popolo»: quello dei movimenti lgbtq (lesbo, gay, bisex, trans e queer), dei collettivi femministi e dei coordinamenti anticlericali. Un mondo che per il momento non sembra avere rappresentanze politiche ma che continua a svilupparsi in maniera esponenziale. «Siamo sempre di più - afferma una delle organizzatrici, Graziella Bertozzo - perché aumentano i soggetti sotto attacco della Chiesa». E in effetti sfilano molte persone «comuni», che sentono nel loro quotidiano le ingerenze del Vaticano. In particolare nel dibattito sulla legislazione riguardante unioni gay, aborto e fecondazione assistita, che «impediscono - dicono in molte - alle donne di decidere autonomamente del proprio corpo». Sotto accusa anche il potere economico della Chiesa: «Il governo Prodi - urla con sdegno una ragazza - ha confermato l'esenzione dell'Ici sui patrimoni immobiliari ecclesiastici introdotta da Berlusconi».Alla fine saranno 15 mila. «L'integralista papa Ratzinger sta rafforzando - sostengono dal palco finale del corteo - l'alleanza clerico-fascista con l'obiettivo di affermare un modello di società chiuso e reazionario patriarcale, omofobico e razzista». La determinata contestazione avviene in modo colorato, rumoroso, con la presenza di bande musicali e giocolieri. In qualche spezzone si finisce nel folklore con cappelli stravaganti e travestimenti da suora: «L'unica cosa da fare è prenderli in giro», scherza uno dei mascherati. Poi diventa serio: «In quanto gay e ateo soffro un Vaticano che detta l'agenda politica italiana e che ha un potere economico da multinazionale».Dietro il camioncino d'apertura lo spezzone lesbo-femminista: striscione rosa con su scritto in bianco «Autodeterminazione». Sono il soggetto più colpito in questo frangente: «Vogliono le donne - denunciano - come mogli e madri schiave all'interno della famiglia tradizionale». Un altro cartello denuncia il controllo sul sesso femminile: «Fuori i preti dalle nostre mutande». In piazza anche i collettivi universitari della Sapienza, che rivendicano l'opposizione alla visita del Santo Padre: «Non potevamo accettare che il Papa, in quanto esponente di principi dogmatici reazionari, si esprimesse in un luogo che dovrebbe essere di libero scambio di saperi».A manifestare ci sono associazioni che 365 giorni l'anno si battono contro la cultura religiosa che condiziona tutte le sfere della società. E' il caso dell'Unione degli atei agnostici e razionalisti: «In un paese civile questo gruppo neanche dovrebbe esistere - spiega il coordinatore Francesco Paoletti - Invece con le istituzioni confessionalizzate dobbiamo lottare per difendere i nostri diritti». Ma il No Vat 2008 parla anche straniero: ci sono delegazioni della Rete europea lgbtq che ha organizzato una tre giorni al centro sociale Forte Prenestino. Eric, spagnolo, sorregge uno degli striscioni portati per l'occasione: «Ratzi sabemos todos que eres marikita» («Sappiamo tutti che sei omosessuale», ndr).Le uniche organizzazioni politiche presenti sono Sinistra Critica e Cobas, che vedono nel popolo No vat «un elemento innovativo». «Oggi un Montezemolo conta molto meno del Papa. Il potere politico - afferma Piero Bernocchi - necessita del supporto religioso. E questo popolo dà fastidio ai partiti. Tutti». Le uniche due deputate pronte a smentire con la loro presenza queste dichiarazioni sono del Prc: Elettra Deiana e Titti De Simone. «I temi della manifestazione - dice la deputata siciliana - devono essere elemento costitutivo della sinistra arcobaleno, altrimenti nasce senz'anima. Ci vuole una nuova cultura politica, capace di ricreare un rapporto con questo popolo».